8-11 luglio 2009: Staffetta UDI contro la violenza sulle donne

L’anno della staffetta contro la violenza sulle donne, lanciata dall’UDI nazionale (Unione Donne in Italia), testimone un’Anfora all’interno della quale venivano inserite denunce di violenze, testi, poesie, frasi scritte da donne giovani e meno giovani, partita da Niscemi il 25 novembre 2008, si è concluso a Brescia il 21 novembre 2009.

Dall’8 all’11 luglio, l’anfora, proveniente da Grosseto, ha fatto tappa a Siena ed è stata al centro di tutte le iniziative realizzate dal Comitato di Coordinamento composto dalle Associazioni, Centri, Coordinamenti e Gruppi di donne, nonché Centri e Comitati per le Pari Opportunità di Siena e Provincia.

 

Staffetta in nome della Pia”, questo il titolo della settimana durante la quale sono stati realizzati dibattiti, incontri, spettacoli tra i quali quello organizzato dall’Archivio UDI e il Laboratorio delle donne “Una,nessuna…centomila” a chiusura della settimana.

Lo spettacolo:

“Ah, sei tornato…”
Quante volte ritornerà l’uomo allo spazio della donna prima che le cose cambino?
Una storia di violenza rivisitata,
danza: Bonnie Eldred
violino:Elena Ambrosi

a seguire.

Padri e figlie”
Atto unico di Donatella Contini
Matilde Manzoni/Gertrude, la monaca di Monza: Paola Lambardi
Anima/Bambina vestita di bianco: Bonnie Eldred
Musiche originali di Cesare Bindi
Regia di Paola Lombardi

Questo è uno studio su alcuni elementi della violenza contro le donne. Nella violenza domestica, nelle persecuzioni, nella prostituzione, la donna può conoscere bene l’uomo che abusa di lei, può dipendere da lui economicamente, può avere troppa paura di andarsene, e gli episodi possono continuare e peggiorare nel tempo. Spesso la voce della donna che chiama aiuto non viene sentita.
Cosa può fare una donna per proteggersi e per riconquistare il suo spazio personale e vitale?

 

A conclusione dello spettacolo, l’Anfora parte per Montepulciano

Notizie biografiche su Matilde Manzoni
Matilde Manzoni, figlia di Enrichetta ed Alessandro, nacque a Brusuglio il 13 luglio 1830, ultima di nove figli. Morì a Siena, all’età di 26 anni, il 30 marzo 1856. “Gli ultimi quattro mesi furono orribili. Tisica, Matilde tossiva, sputava sangue. E non si alzò mai dal letto. Invocava il padre, il quale le scrisse, pregò, fece pregare per lei, ma non venne ad assisterla. La morte la liberò dalle sofferenze e da una vita passata in casa d’altri, a leggere, a cucire, a sognare” [dalla prefazione di Cesare Garbali al “Journal” di Matilde Manzoni, Adelphi, 1992]

Matilde è vissuta a Siena per circa quattro anni: dal Capodanno del 1852 fino alla sua morte. Venne a Siena con la famiglia della sorella Vittoria, sposata Giorgini. Il cognato, Giovanni Battista, era professore all’Università di Pisa e venne nella nostra città dopo la scissione dell’Istituto in due tronconi, che vide spostare a Siena la Facoltà di Legge. Fu, tra l’altro, uno dei “capi” degli studenti senesi nelle battaglie di Curtatone e Montanara. La famiglia Giorgini abitò prima nella villa Monelli, fuori Porta Pispini, che la “saggezza popolare” chiamava “la villa del Manzoni”, poi si spostò alla Lizza (nel 1855). Matilde, all’epoca ormai molto grave, sopravvisse al trasloco (marzo 1855) per un anno; tra l’altro, si mise a letto nel giorno dell’Epifania e non si alzò più. Papà Manzoni, nei dieci anni che la famiglia Giorgini abitò in Toscana, venne una sola volta a trovarli. Né venne mai a Siena, neppure quando fu fortemente sollecitato dal genero, il quale, in una lettera datata 16 Marzo, gli fece presente la gravità delle condizioni di Matilde. C’era sempre una scusa, un impedimento (come verrà detto nel testo teatrale), che annullavano la sua partenza. Eppure Matilde cercò sempre di comprendere, di capire oltre la logica, di giustificare…

E’ seppellita nel complesso della Basilica dei Servi, nella parte riservata al Convento e, sotto la sua lapide, c’è quella della nipotina, morta all’età di otto anni. La piazza antistante è chiamata da alcuni anni Piazza Alessandro Manzoni. Indebitamente, io penso; sarebbe stato forse più giusto intitolarla alla figlia eroina–vittima di questa vicenda, a cui la malattia aveva – tra l’altro – impedito di proseguire in una iniziale storia d’amore con un vedovo e padre di una bimba, il quale, venutone a conoscenza, ritirò la sua proposta di matrimonio.
(Paola Lombardi)